sabato 12 marzo 2011

Mie riflessioni personali sull'azione di classe.

 Stamattina, per motivi di lavoro, ho letto l'art. 140 bis del codice del consumatore. Articolo che disciplina la cd azione di classe.

Di seguito riporto alcune mie modeste considerazioni.

Ritenendo che un mio diritto sia stato leso, decido di esperire la relativa azione  al fine di chiederne tutela al giudice competente e, dal momento che il mio caso rientra tra quelli contemplati dall'art. 140 bis del codice del consumatore, anzichè agire individualmente, decido di proporre azione collettiva dando mandato ad un'associazione di consumatori. (sintetizzando al massimo).



La domanda si propone con atto di citazione notificato anche all'ufficio del pubblico ministero presso il tribunale adìto, il quale può intervenire limitatamente al giudizio di ammissibilità.

 Alla prima udienza il giudice istruttore decide con ordinanza sull'ammissibilità della domanda

che è dichiarata inammissibile

  • quando è manifestamente infondata,
  • quando sussiste un conflitto di interessi
  • quando il giudice non ravvisa l'identità dei diritti individuali tutelabili
  • quando il proponente non appare in grado di curare adeguatamente l'interesse della classe.

Cosa? "Quando il proponente non appare in grado di curare adeguatamente l'interesse di classe"?

E che significa?

Punto alquanto oscuro.

Una delle garanzie del cittadino è che la legge venga formulata con rigore giuridico in modo da non lasciare spazio ad interpretazioni equivoche. L'ambiguità terminologica si traduce in un maggiore potere discrezionale da parte del giudice.

E se veramente la mia domanda dovesse risultare inammissibile, chi si accollerebbe le spese processuali per gli atti compiuti fino a quel momento?

Il codice di procedura civile non lascia ombra di dubbi: Con l'ordinanza di inammissibilità, il giudice regola le spese, anche ai sensi dell'articolo 96 del codice di procedura civile, e ordina la più opportuna pubblicità a cura e spese del soccombente (cioè io).

Inizio così a rifletterci bene se proporre o meno domanda.

Ma poniamo il caso in cui la mia domanda venga ritenuta dal giudice ammissibile. In tal caso con l'ordinanza con cui ammette l'azione, il giudice fissa termini e modalità della più opportuna pubblicità, ai fini della tempestiva adesione degli appartenenti alla classe (cioè in modo che chiunque si trovi nella mia stessa situazione possa aderire alla causa).

Chi paga, in questo caso, la pubblicità? Io?

Ma insomma quanto mi costerà 'sta causa?

Non sarà forse più economico agire individualmente o non agire affatto?

Ciao :-)

3 commenti:

  1. Il processo (civile, amministrativo e tributario, in pratica con la sola esclusione del penale) si basa solitamente sul principio di anticipazione delle spese da parte della parte che ha interesse ad instaurarlo, quindi non c'è niente di nuovo in quel che scrivi.
    Anzi, rientra nel normale funzionamento di ogni processo: se sei convinto delle tue ragioni, anticipi i costi, che poi il giudice porrà in carico al tuo avversario soccombente.
    Anche nel caso di processo esecutivo gli annunci legali sulle vendite giudiziarie sono a carico del creditore procedente.
    La tua riflessione, infatti, non è sbagliata ma dev'essere di volta in volta calata nella situazione in concreto (ed è uno dei motivi per cui ci si rivolge all'esperienza di un avvocato). Sicuramente esagerare, facendo conti troppo in astratto, non ha alcun senso perché porterebbe all'immobilismo.
    O per dirla con parole semplici: "chi non risica, non rosica".

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  2. punti oscuri del nostro sistema di leggi :\

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  3. @Gabriele Orlando
    Chi esercita l'azione collettiva è anzitutto un consumatore il cui diritto è stato leso da un imprenditore, da una multinazionale quasi sempre in posizione dominante. C'è da dire, inoltre, che chi agisce lo fa sempre per un danno di valore economico modesto.
    Alla luce di queste considerazioni, l'azione collettiva doveva essere un mezzo per tutelare quei diritti che altrimenti resterebbero lesi.
    Le mie stesse perplessita sono state espresse nel libro verde "Sui mezzi di ricorso collettivo dei consumatori" del 2008 dalla Commissione della comunità europea:
    "Attualmente, quando i consumatori vittime di una pratica abusiva desiderano far valere i propri diritti, essi si trovano ad affrontare degli ostacoli in termini di accesso, efficacia e contenimento dei costi, in particolare per quanto riguarda le richieste relative a importi di entità ridotta. I consumatori hanno sempre la possibilità di rivolgersi ai tribunali per ottenere un risarcimento a titolo individuale. In linea di principio sarebbe possibile che i ricorsi
    di massa fossero risolti con un gran numero di ricorsi individuali. Tuttavia vi sono ostacoli che de facto impediscono ai consumatori europei di ottenere un risarcimento effettivo. Si tratta, in particolare, di spese elevate per il contenzioso e procedure
    lunghe e complesse. Un consumatore europeo su cinque non è disposto ad adire un tribunale per meno di 1 000 EUR, mentre la metà dichiara che non intende rivolgersi
    a un tribunale per meno di 200 EUR. I costi elevati e il rischio di vertenze giudiziarie rendono antieconomico per il consumatore pagare spese di giustizia,avvocati ed esperti per un importo che può risultare superiore al risarcimento richiesto"

    Al punto 14 dello stesso testo:
    "Gli elementi che contribuiscono all'efficacia e all'efficienza di un meccanismo di ricorso collettivo comprendono il sostegno politico e finanziario da parte dei governi, un'ampia copertura mediatica (che possono spingere gli operatori commerciali ad accettare le condizioni e che possono aiutare a reperire finanziamenti; in generale possono avere una funzione di deterrente per i contravventori), spese giudiziarie nulle o poco elevate, spese giudiziarie nulle o ridotte per i rappresentanti, soluzioni flessibili per quanto riguarda gli onorari dei legali e possibilità di evitare le formalità delle normali cause civili"

    Grazie per il tuo intervento. :-)

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